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GILANIA MATRILINEARITA' MATRILOCALITA'



Il giusto titolo per questo articolo potrebbe essere “Come evitare di nominare l’elefante nella stanza”.

Pur di non usare il termine “matriarcato”, studiosi e studiose hanno cercato termini alternativi o ne hanno coniati di nuovi per rendere il concetto più innocuo ed accettabile ma alla fine anche meno incisivo e, soprattutto, meno chiaro.

L’uso di termini come matrilineare, matristica, matrifocale o gilanica per descrivere la forma sociale matriarcale, ha generato molta confusione rispetto a cosa sia un matriarcato nella sua interezza.

Ciò che cercherò di fare, qui, sarà indagare questi termini per comprendere come mai non possano essere usati al posto di matriarcato e perché, alla fine, evitare di nominare l’elefante nella stanza non è la cosa migliore da fare.


Matrilinearità:

Il termine matrilinearità indica il sistema di discendenza per linea materna.

“I figli sono imparentati, in termini di lignaggio, solo alla madre e portano il nome del suo clan” ereditando da lei beni e posizione sociale.

La matrilinearità è sicuramente un aspetto centrale nella definizione dei matriarcati ma deve essere accompagnato anche dal potere di distribuzione economica delle madri in un contesto di uguaglianza di genere perché il matriarcato sia effettivo.

Heide Goettner Abendroth scrive:

“Il potere di distribuzione deve essere nelle mani delle donne. Questo aspetto è fondamentale ed è la base dell’economia di mutualità matriarcale. Un’economia del genere non si realizzerebbe se la distribuzione dei beni procedesse dall’accumulazione nelle mani degli uomini e dei capi, anche se la società fosse matrilineare.

Società come queste esistono ma sono solo matrilineari, non matriarcali.”

E ancora: “In queste società le donne hanno perso l’indipendenza economica e conservano la matrilinearità come

modello sociale. La forza economica nelle mani delle donne contraddistingue le società matriarcali da quelle solo matrilineari.”


Matrilocalità:

Il principio di matrilocalità indica che figli e figlie vivono, anche in età adulta, nella casa e nel clan materno.

Spesso i clan matrilocali utilizzano la formula del matrimonio di visita per il quale gli uomini, in qualità di mariti o amanti, possono far visita alle loro compagne di notte nella casa del clan materno abbandonandola alle prime luci dell’alba non avendo diritto di vivere in essa.

Questa può essere una delle soluzioni adottate nei matriarcati ma non è l’unica e non è uno dei tratti che li definiscono in quanto tali.

Possiamo iniziare a comprendere che questi termini non possono essere usati come sinonimi di matriarcato.

Matrilinearità e matrilocalità indicano principi ben precisi in sé stessi.

Entrambi possono essere inseriti in contesti sociali non matriarcali, pertanto usarli come sinonimi è fuorviante e non corretto.

Le società matriarcali sono basate e contraddistinte da uguaglianza di genere, redistribuzione dei beni economici regolata dalle madri, centralità delle madri nella società, politica del consenso.

Mancando uno solo di questi elementi non si può parlare di matriarcato ma solo di un modello sociale inserito in un contesto sociale specifico ma non matriarcale.


Gilania:

Gilania è un termine creato dalla studiosa Riane Eisler ed introdotto nel suo celebre (e da me sempre molto consigliato) “Il calice e la spada” testo nel quale indaga le origini della nostra società e si interroga sul nostro futuro in quanto esseri umani su questa terra e nel quale non rinomina solo il matriarcato ma anche il patriarcato.

Scrive:

“Come termine più preciso per descrivere un sistema sociale retto dagli uomini con la forza, o con la minaccia di essa, anziché patriarcato propongo androcrazia.

Questo termine, in qualche misura già in uso, deriva dalle parole greche “andros” uomo e “kratos” governato.

Per descrivere l’autentica alternativa alla supremazia di una metà dell’umanità sull’altra propongo il neologismo gilania.

Gi deriva dal termine greco “gynè” donna, an viene da “andros” uomo.

La lettera L tra i due ha un duplice significato.

In inglese rappresenta l’unione (linking) delle due metà dell’umanità.

In greco deriva dal verbo lyein o lyo che a sua volta ha un duplice significato: spiegare o risolvere oppure sciogliere o liberare.

In questo caso la lettera L rappresenta la soluzione dei nostri problemi, mediante la liberazione delle due metà dell’umanità dalla avvilente e mistificante rigidità di ruoli imposta dalle gerarchie di dominio insite nei sistemi androcratici.”

Per quanto io apprezzi l’intero lavoro di Riane Eisler e per quanto io sia affezionata al termine da lei coniato trovo che qui lei stia commettendo lo sbaglio di partire dal presupposto che il matriarcato sia l’opposto speculare del patriarcato ovvero una società gerarchica di dominio femminile, ma abbiamo visto che non è così.

Questa visione dei matriarcati è viziata dai nostri pregiudizi occidentali e prende vita sin dai primi studi di Bachofen sul tema.

La reale alternativa alla supremazia di una metà dell’umanità sull’altra esiste ed è data, per l’appunto, dai matriarcati se conosciuti e studiati nella loro autenticità e non attraverso l’idea accademica occidentale precostituita.

Usare un altro termine per descrivere il matriarcato alimenta l’idea erronea che ne abbiamo ed è per questo che non rappresenta una buona idea.

Reclamare il matriarcato/i matriarcati vuol dire anche riconoscere e ridare dignità a tutte le società create dalle donne nella storia: società mutuali, non gerarchiche e non dominanti, basate sull’uguaglianza e la cooperazione.

Questo sono stati, e ancora sono, i matriarcati.


articolo di Valeria Aliberti

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Per approfondire:

Heide Goettner Abendroth, “Le società matriarcali”, Venexia

Heide Goettner Abendroth, “Madri di saggezza”, castelvecchi

Riane Eisler, “Il calice e la spada”, Frassinelli

Marija Gimbutas, “Le dee viventi”, ed. Medusa

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